È
frutto della consueta collaborazione de laVerdi con MilanoMusica il concerto che va in onda questa settimana all’Auditorium,
diretto da Tito Ceccherini. Concerto che ha il suo pezzo forte nella
prima esecuzione italiana di una composizione di Francesco Filidei (cui
è intitolata la celebre rassegna milanese di quest’anno).
Del compositore, di cui abbiamo potuto vedere, ascoltare ed apprezzare di recente alla Scala la nuovissima opera teatrale - Il nome della rosa – è stato presentato il Concerto per viola e orchestra, composto quasi contemporaneamente all’opera nel 23-24, su commissione della Radio Bavarese, di MilanoMusica e della francese SACEM.
Ad interpretarlo Antoine Tamestit, dedicatario e primo esecutore in assoluto del brano (12 aprile 2024 a Monaco di Baviera, Radio Bavarese).
Di Filidei proprio qui in Auditorium avevamo ascoltato circa 11 anni orsono una composizione (Fiori di fiori) ispirata a Frescobaldi e in realtà ai rumori che il complesso meccanismo dell’organo (Filidei è nato organista) produce per… produrre i suoi suoni. Era ancora il Filidei ricercatore nel campo rumoristico, ecco.
Oggi la sua evoluzione estetica lo ha portato a rivalutare anche il valore del suono in quanto tale, e ciò si è potuto constatare nella recente opera (e per la verità anche nelle due precedenti, Giordano Bruno e L’inondation) e in questo Concerto dalla struttura classica in tre movimenti, ottenuto rielaborando precedenti composizioni. Certo anche qui non manca la ricerca di effetti speciali, chiedendo agli strumenti imprese… bizzarre, come (per far solo un esempio riguardante i contrabbassi) farli suonare su corde allentate, in modo da ottenere un effetto di sfarfallio, oppure prescrivere di passare l’archetto sulle corde fra il ponte e l’ancoraggio…
Ma nel brano non mancano squarci di pura diatonia: nell’iniziale I giardini di Vilnius si ascoltano passaggi su perfette triadi di LA, SOL, FA#, REb maggiore! Nel centrale Tuttomondo (una sorta di Scherzo ispirato a Falstaff) prevale chiaramente il DO maggiore, mentre il conclusivo e languido What is a Flower? si muove in prevalenza in LA minore.
Tamestit ha mostrato tutta la sua abilità tecnica, messa davvero a durissima prova da Filidei, che chiama il solista a imprese davvero impossibili, e il pubblico ha ripagato lui, come pure Ceccherini e l’Autore salito sul palco, con interminabili battimani e ovazioni.
Questi Nocturnes costituiscono una particolare variante di musica-a-programma. Nuages, lo dice il titolo, evoca un incessante passare di nuvole sopra la Senna, precisamente presso il ponte di Solférino, ma qui l’indicazione è tanto minuziosa quanto ininfluente sul contenuto musicale, che mai pretende l’impossibile (la descrizione di un fenomeno naturale) bensì esprime in modo mirabile l’impressione provata da chi osserva il muoversi delle nuvole, sempre diverso, ma allo stesso tempo sempre uguale a se stesso.
L’incipit di clarinetti e fagotti ricorda vagamente il Dies-Irae, mentre subito dopo il corno inglese espone un nuovo tema ricorrente, che sembra quasi una reminiscenza delle prime battute del Tristan. Pur non essendo un seguace dell’atonalismo, Debussy cerca di affrancarsi dai classici e rigidi schemi della tonalità, impiegando accordi imperfetti, o inquinando quelli perfetti con note armonicamente distanti: in questo brano in particolare, ciò concorre in modo estremamente efficace a creare quell’atmosfera indefinita e instabile che lo caratterizza. Nella sezione centrale Debussy fa anche uso di una scala pentatonica, di chiara matrice orientale, che sembra anticipare di 10 anni altre nuvole, quelle del Lied von der Erde di Mahler…
In Fêtes Debussy si ispira poeticamente ad una serata al Bois de Boulogne, evocandone però non tanto le prosaiche manifestazioni (tarantelle, marce della Guardia repubblicana, fanfare che arrivano da lontano, passano e si perdono) ma le sensazioni (meglio… le impressioni) che esse provocano nel suo animo, e sono queste che il compositore ci vuol trasmettere con i suoi suoni.
Sirènes è un brano che è davvero raro ascoltare in sala da concerto, poichè richiede tassativamente la presenza di un coro femminile (che fa solo vocalizzi peraltro): come anticipato, è un merito de laVerdi averci fatto – non è la prima volta - questo bel regalo. Ieri le 23 ragazze (14 soprani + 9 mezzosoprani) erano dislocate in orchestra, fra i legni e gli ottoni, proprio quasi fossero strumenti… umani.
Per tutti grandi applausi da parte di un pubblico abbastanza folto e soprattutto impreziosito da una nutrita rappresentanza di giovani e giovanissimi, il che fa sempre un gran piacere.